TerrAntica: una carta dei vini, decisamente interessante.

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Uno di quegli indirizzi da segnare per tutte le occasioni ed in tutte le stagioni.
Facilmente raggiungibile, all’uscita di Baronissi sulla A/3, con un parcheggio comodo, giardino privato, veranda e sale interne dal sapore antico.
La proposta della brace negli anni si è evoluta: oggi propone carni di diverse provenienze, soprattutto internazionali, importate direttamente dai paesi di origine.
La sorpresa è la carta dei vini, completa e con grande dovizia di particolari, frutto della grande passione di Alessandro Pecoraro.
L’attenzione dedicata alla Campania è quasi maniacale. È la prima volta e sinceramente ho molto apprezzato, vedere la divisione per territori delle singole denominazioni.
Oltre a denotare competenza, manifesta sensibilità per le peculiarità, che all’interno di uno stesso areale, possono variare sia per filosofia dei produttori che per caratteristiche pedoclimatiche.

La cena è in compagnia del mio mentore, quindi oltre all’aspetto conviviale, c’è un confronto stimolante, sempre costruttivo.
Partiamo dal vino e lascio la decisione a Lui, e come sempre accade, fa centro!
La scelta ricade su una delle ultime annate di Taurasi, curate dall’ormai leggendario Antoine Gaita.
Un testamento lasciato ai posteri.


Libero Pensiero riserva 2008, è un Taurasi che parla francese. I tannini, che restano ancora un limite per tanti produttori di questa DOCG, sono perfettamente addomesticati.
Il rosso granato carico, preannuncia la grande intensità, ed in effetti al naso si manifestano descrittori che in alcuni casi sorprendono: se la frutta sotto spirito è quasi scontata, il sottobosco, quello fresco, stupisce.
Note speziate decise e terziari che raccontano l’evoluzione del tempo e il tipo di affinamento.
La chiusura sul cacao è intensa seppur gentile.
In bocca mostra i muscoli, non quelli ottenuti da anabolizzanti, ma quelli definiti e fluidi di un maratoneta.
Un sorso lunghissimo, persistente all’inverosimile, ma con una freschezza inaspettata dopo 14 anni.

Qualsiasi cosa passerebbe in secondo piano, ma il lavoro dello chef Gaetano Barba è stato apprezzabile e va raccontato, cosi come i riferimenti ai suoi colleghi, che onora nel menù.


La partenza con la “Pizza in white“, seppur poco celata, è una dedica allo stellato Vitantonio Lombardo :ricotta di bufala mantecata al parmigiano vacche rosse, tartara di gambero rosso al lime, pizzetta fritta e caviale di salmone.
Fritto discreto, sicuramente asciutto, magari poco crispy, cosa che avrebbe esaltato la ricotta mantecata ed il crudo, anche perchè il piatto nel complesso era ben bilanciato: la sapidità del caviale di salmone riportava equilibrio alla decisa tendenza dolce, presente in tutti gli altri elementi.

Baccalà e melanzana, ricorda molto, ma solo nella presentazione, la melanzana vanitosa di Gianni Mellone, ma per consistenza e preparazione e contenuto, decisamente diversa.
Piacevolissimo l’amarognolo della buccia che ne racconta la natura e rimanda al ricordo della parmigiana. Buono anche il ripieno di baccalà fritto al panko.

Lo Sfusato amalfitano sulla genovese, mi ha stupito, ma poi convinto.
Toccare uno dei piatti “Istituzionali” della tradizione campana è sempre un azzardo.
Ma in effetti, non la snatura. E’ come le due gocce di Chanel n°5 su un corpo nudo, magari non quello di Marilyn, ma di una bella donna mora
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Buona la carne, di più la cottura: Filetto di Black Angus USA.
Felice l’intuizione dell’affumicatura della patata, che prepara ed accompagna ogni morso, tenendo fissato nel palato, il profumo della brace.

Notevole la punta di petto di Wagyu Full Blood Australia Jeck’s Creek.
Piatto studiato a tavolino. Il richiamo al blasone, anche se per un taglio secondario, diventa leva, e con una narrazione non didascalica, ma attenta e competente, come quella di Alessandro, giustifica il prezzo.

La chiusura dolce, per rispetto alla pasticciera e meno per la glicemia è stata all’altezza.
Quando si parla di Pavlova, mi brillano sempre gli occhi e parte la salivazione, in questo caso è un riferimento, una rivisitazione, che ha un suo carattere con una chiusura fresca che pulisce la bocca.
Il mio commensale sceglie la Millefoglie di Fillo.
Ben fatte sia la crema chantilly al cioccolato bianco, che la crema alla vaniglia, cosi come è buona l’idea del topping al caramello salato abbinato all’aroma tropicale del frutto della passione.

In sintesi, una proposta contemporanea, in linea con le esigenze di un pubblico sempre più attento.
Servizio attento e puntuale, competente e cordiale.
Il valore aggiunto è sicuramente la proposta vino, che lo posiziona tra i luoghi più interessanti della provincia, per chi ama bere bene.
Complimenti a tutta la squadra di Onofrio e mi perdoneranno quelli non citati

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