Questo hanno voluto scrivere sugli inviti, i relatori della degustazione Luciano Pignataro e Tommaso Luongo. Il comune di Lapio ha ripeso la gestione del Fiano love fest ed alla tradizionale esposizione nelle strade del paese, dei produttori di Fiano, ha abbinato una serie di momenti tecnici.
Sede degli incontri e delle degustazioni è stato lo splendido castello Filangieri, che con i suoi affreschi restaurati, è sicuramente una delle tappe più interessanti, da non perdere, in Irpinia.
Fiano di Lapio DOCG. In origine, la denominazione sarebbe dovuta essere questa, si è poi scelto di andare su Fiano di Avellino Docg per allargare l’areale ed includere, nel progetto, un numero maggiore di aziende. Sarà per la conformazione pedo-climatica, oltre 500mt SLM, con forte presenza di materiale vulcanico e terreni argillosi, il vento, la pioggia, le forti escursioni termiche a cui è soggetto, ma quello che si produce a Lapio, autodetermina l’eccellenza del Fiano stesso. Addirittura, sono riconoscibili le varie frazioni, le contrade, Arianiello su tutte.
Tornando alla degustazione, alla scelta del nome “la mia prima volta”, i relatori hanno voluto aggiungere la dicitura “testing impossible”. Perché sembrava impossibile, solo poco tempo fa, mettere allo stesso tavolo i tanti produttori della zona. Non è stato mai fatto prima. Fino alla fine degli anni ’90, chi produceva vino bianco, a Lapio, non pensava alla necessità di conservare dei campioni, anno per anno. Era inteso come un prodotto da bere nell’annata corrente e soprattutto da non far giacere nei magazzini.
Motivo per cui non si è riusciti ad andare alle prime produzioni, bensì alle annate più vecchie presenti nelle scorte dei produttori invitati. 1989 l’annata più datata, presente con l’azienda agricola Nicola Romano (oggi Romano) e con la “Campore” di Terredora, il celeberrimo vino pensato e realizzato dal compianto Lucio Mastroberardino, da cui tutto ha avuto inizio, parlando di Fiano.
Ore 19.30, la sala è gremita; una seconda degustazione prevista alla fine, per le tantissime iscrizioni arrivate. Una prima parte dedicata alla storia di un vitigno, che ha portato l’Irpinia a confrontarsi, nella geografia dei grandi vini, senza complessi di inferiorità, con la Borgogna. Luciano Pignataro auspica un futuro alla Francese, che porti alla definizione, con termini equivalenti, di Premiere Cru e Grand Cru: ne trarrebbe un beneficio, di sicuro, l’aspetto comunicativo. L’aspetto sensoriale è affidato a Tommaso Luongo, presidente Ais Campania, che ridisegna la narrazione sui marcatori olfattivi, in particolare sulla tostatura, sulla nota fumè, che rispetto alla classica nocciola, in cui viene sempre identificata, si sposta verso “le castagne del Prete”, *(prima arrostite e poi tostate al forno, una volta raffreddate immerse per almeno una settima in acqua e vino), quella sensazione di zucchero caramellato che rilasciano.
Ha moderato la degustazione, ed il confronto tra produttori e relatori, il delegato Ais di Avellino Annito Abate. Grande dono della sintesi
*questo che segue è frutto del piacevole confronto con Anna Santimone (sommelier Ais) e Michele D’Argenio (enologo)
Si parte con una 2018 di Laura de Vito , la più giovane delle cantine presenti. Laura De Vito produce 3 cru, in tre zone, contrade: Arianiello, Verzare e Saudoni. Le stesse trovano riferimenti nei nomi dei vini (Arianiè, Verzare, li Sauruni).
Esce anche un blend dei tre Cru, in percentuali diverse, in base al progetto, che si chiama “Elle”.
La 2018 degustata, è proprio Elle. Il vino è eccellente, paradossalmente ancora troppo giovane , con un potenziale espressivo straordinario. Aspetto brillante e dorato del calice che al naso svela sentori fumé, erbe aromatiche e caramella d’orzo. L’impatto gustativo rispetta le promesse del naso, rafforzando una sensazione di aristocratica eleganza.
Silano
Feudo Apiano vigna arianiello 2016
Colore giallo dorato brillante, iniziale nota ossidativa che si muta in note di dattero aromi affumicati , terziari .
In bocca è caldo pieno rispecchia la sua alcolicità, equilibrato, si distinguono note agrumate mature e arancia amara.
Joaquin 2012
Vino che ha fermentato con poca tecnologia senza controllo di temperatura.
Al naso si avvertono note evolutive, sentori di legno secco e verie note ossidative.
In bocca è caldo si sente l’alcool un po’ di squilibrio verso il tannino che sembra di castagno.
Comunque poi vengono fuori note fumé di benzene buona sapidità
Tenuta Scuotto propone una 2011 del vino base ( all’epoca non usciva ancora con Oinì).
Nonostante l’annata torrida che rende difficile l’interpretazione, la freschezza e la sapidità di questo vino risultano inalterate. Il bouquet, ricco e dettagliato, viene esaltato da una nota fumé persistente accompagnato da nuances di tostatura, di nocciola (come da disciplinare), castagna del prete, camino spento. Il sorso è davvero gratificante poiché induce alla pienezza delle sensazioni golose.
Rocca del principe 2010 è l’esempio perfetto , il testimonial di un progetto che ha preso forma in quegli anni, dove i più lungimiranti iniziavano a mettere a riposo il vino per un anno, rinunciando agli introiti, ma consapevoli che fosse necessario per raggiungere vette importanti. Brillante e limpido, questo Fiano dell’areale di Arianiello, rivela una sorprendente tonicità. Naso giovanissimo con sensazioni di spezie, note vegetali e agrumi. Il sorso è allineato al naso ed è equilibrato, quasi perfetto, con una progressione gusto-olfattiva di morbidezza, freschezza e sapidità.
Filadoro 2008
Colore giallo carico annata comunque calda.
I terziari prevalgono sul frutto, prevalgono le note dolci a discapito del tannico acido.
In bocca, sapido.
Colli di Lapio, 2007 . Benché l’annata sia stata calda e siccitosa, le peculiarità del territorio , posto in altura, caratterizzato da forti escursioni termiche e da significativa ventilazione, ha permesso la realizzazione di un vino longevo e di grande personalità. Vestito di giallo dorato, al naso è ricco di suggestioni che ricordano la regione della Mosella, con sensazioni minerali e di idrocarburi. L’impatto al gusto è quello tipico, e conferma le sensazioni olfattive con una sapidità e una chiusura pulita.
Romano 1989 non ancora DOCG.
La prima batteria era ossidato al naso prevalgono le note marsaleggianti.
In bocca era comunque leggermente acido e sapido più longilineo.
Negli anni 90 il Fiano era 11,5 / 12%vol