San Severo ha un centro storico che è una meraviglia, sia in superficie, che nella parte sotterranea.
Aldilà di quello che raccontano le leggende, sull’origine della città, legate addirittura al dio Greco Diomede, la storia ci parla di parla di epoche meno lontane. E’ nel medioevo che si hanno i primi riferimenti. Luogo a forte vocazione agricola, è grazie alla posizione strategica, che divenne centro importante per scambi e commercio, nonché sede del governatore della Capitanata del Molise, che per l’importanza che acquisì, come crocevia di merci, coniò addirittura una propria moneta, il tornese. Distrutta da un sisma, nel sedicesimo secolo, fu ricostruita cosi come la vediamo oggi, con una forte presenza Barocca, stile in voga in quegli anni. Artisti ed architetti della scuola Napoletana, hanno lasciato tracce evidenti in chiese e palazzi signorili, rendendola oggi uno spettacolo per gli occhi dei turisti che la visitano. Ma c’è una San Severo sotterranea che racconta invece un’altra storia. Oltre 540 cantine ipogee. Un mondo sotterraneo, un labirinto di gallerie fresche e ventilate, che danno dimora a migliaia di bottiglie di vino.
L’occasione per una visita approfondita, più attenta, è stata la manifestazione “San Severo Doc” organizzata da PugliaIdea.
Obiettivo: utilizzare il vino come volano per il turismo.
Il primo passo, quello più difficile, è creare sinergia tra i players del territorio. Mettere insieme 5 cantine, in un progetto comune è gia un traguardo. Trovare affinità ed enfatizzarle, il percorso più duro. La doc San Severo è stata la prima introdotta in Puglia nel 1969; ha un’area molto vasta che comprende quasi tutta la provincia di Foggia, quella nota come “Capitanata”.
Abbiamo visitato le 5 cantine storiche, degustando più volte ed in più occasioni i loro prodotti. Ariano, D’alfonso del Sordo, Antiche Cantine, D’Araprì, Pisan Battel. Famiglie storiche, nuove leve, cooperative. Abbiamo avuto modo di conoscere persone e le loro storie. Visioni ed obiettivi. Identità diverse tra loro, ma con il desiderio di camminare insieme, di provarci, senza lasciare nulla di intentato.
Una prima riflessione andrebbe fatta proprio sulla denominazione, sulla riattivazione del consorzio e su una regolamentazione più snella.
I vitigni consentiti sono (tanti, forse troppi) il Bombino bianco, la Falanghina, la Malvasia di Candia, il Merlot, il Montepulciano,
il Sangiovese , il Trebbiano toscano e l’uva di Troia. Cosi come tante sono le possibilità di trasformazione, in tipologie che vanno dal fermo al frizzante, dal metodo classico allo Charmat. Una sorta di anarchia produttiva che per tutelare tutti, forse finisce per penalizzare;
Paradossalmente incentrata su vitigni alloctoni, lascia poco spazio alle peculiarità territoriali, Nero di Troia (uva di Troia) a parte, a differenza della parte meridionale della Puglia, che fa del Primitivo e del Negramaro, le colonne portanti. Lo stesso Bombino, presente in quantità importante in tutta la Daunia, non è figlio di questa terra, anche se riesce ad esprimersi come in nessun altro luogo, soprattutto nella spumantizzazione. Un secondo spunto è quello legato alla comunicazione che allo stato attuale è forse la più deficitaria.
Le aziende raccontano poco di quello che sono, con il risultato che la percezione all’esterno non risulti particolarmente interessante, quantomeno non appetibile. Eppure il territorio è ricco di storia, di bellezza, di tradizioni, di racconti.
Ecco il valore di iniziative come queste che consentono di scoprire un territorio nella sua interezza.
Evocare un ricordo attraverso un’esperienza. Pensare alla San Severo doc, pensando alla bellezza barocca del suo centro storico, alle passeggiate nei cunicoli sotterranei delle cantine, è un primo passo significativo.
Ariano: Cantina a conduzione familiare. Due sorelle e due cognati. Ognuno con il suo compito.
Una laureata in biologia che invece di cercare altrove lavoro, si ferma in famiglia, decidendo di dedicarsi all’attività paterna.
Prende una seconda laurea in enologia, per migliorare anche l’aspetto produttivo. Intanto anche l’altra sorella, che aveva una sua vita ricca di soddisfazioni a Firenze, decide di rientrare a San Severo, portando con se anche il marito “spezzino” (solo per amore si fanno queste cose). Marketing e comunicazione le sue skills. Ariano è una bella realtà, dove ogni cosa è fatta seguendo un percorso ortodosso, dove nulla è lasciato al caso; dove il risultato è frutto di un lavoro di squadra.
Ottimo il metodo classico sia nella versione brut, ancor di più nella Pas Dosè. Molto interessante anche “Sogno di Volpe” la versione ferma, rosè, di Nero di Troia.
D’Alfonso del Sordo: Qui la storia comincia nel 1800, da una famiglia nobile che decide di trasformare in vigna parte delle loro tenute . L’evoluzione del nome (composto da due cognomi) si ha quando Giovanni Del Sordo, agli inizi del 1900, non avendo discendenti, al fine di assicurare la continuità della casata, adotta Felice D’Alfonso. Nasce cosi la D’Alfonso Del Sordo. Ed è grazie al figlio di quest’ultimo che la cantina diventa il riferimento più importante del territorio. Con la costruzione dell’opificio e la commercializzazione su vasta scala dei prodotti. Tra gli anni ’80/’90, grazie alla consulenza di Severino Garofano, fa il definitivo salto di qualità. L’uomo che ha rivoluzionato la vinificazione in Puglia, spostò l’attenzione dal Montepulciano al vitigno autoctono, Il nero di Troia. Della splendida intuizione, se ne percepisce traccia degustando il Guado San Leo, nero di Troia in purezza: sicuramente il vino più rappresentativo.
Antica Cantina : Antica come riporta nel nome, questa è la cantina dei Sanseveresi. Una cooperativa che raccoglie tutti quei piccoli produttori che preferiscono conferire le uve, piuttosto che vinificarle. Una grande famiglia composta di oltre 300 contadini, che affidano con fiducia il proprio raccolto, consapevoli di essere tutelati e protetti da speculazioni al ribasso. Qui “l’esercizio di attività” si chiude prima della nuova vendemmia, si dividono gli utili, con la soddisfazione di tutti. Una produzione per oltre un milione di bottiglie che raggiunge i 10 milioni di fatturato. Un’azienda “necessaria” per il territorio. Una produzione con uno standard qualitativo ottenuto dal lavoro di un unico enologo, che opera principalmente in funzione del mercato, garantendo lo standard qualitativo.
D’Arapri: 50 anni di storia pieni pieni. La condivisione del palco di tre amici, uniti dalla passione del Jazz, ad un palcoscenico
di tutto rispetto a livello mondiale per la produzione di bollicine. Qui come direbbe un mio amico: “si ferma l’orologio”!
Un ingresso quasi anonimo con una piccola insegna che riporta il nome, D’Araprì. D’Amico, Rapini, Priore. Si scendono pochi gradini e si entra in un mondo affascinante, quello della parte sotterranea, degli archi, dei soffitti alti con le volte che ricordano i diversi momenti della storia. Bottiglie ovunque a perdita d’occhio. Una visione che è diventata realtà. Produrre metodo classico di altissimo livello a sud, fuori dalle rotte convenzionali. Qui il Bombino, seppur erroneamente considerato autoctono, ha trovato la sua identità più rappresentativa. Con una prima fermentazione direttamente nel legno e poi il riposo in bottiglia per la ” trasformazione” dei lieviti, che sui prodotti normali va dai 24 ai 60 mesi. Eccezionali la Grand cuvèe XXI secolo a cui, al bombino viene aggiunto Montepulciano e pinot nero, e la Dama Forestiera il Blanc dei noris “nature” fatto da Montepulciano e pinot nero. Uber alles il riserva Nera 2002, non in commercio , ma assaggiato in degustazione , prodotto di eccellenza assoluta. Il futuro della cantina è assicurato dalla seconda generazione. Grazie all’ingresso di un figlio per ogni socio,
si è allargata la ragione sociale, ponendo le basi per altri decenni di successi.
Pisan Battel: ultima nata in termini anagrafici, ma non certo in termini di qualità. Sono loro i promotori dell’evento San Severo doc. Da capofila del progetto, hanno fortemente voluto l’incontro tra le cantine, con lo spirito di chi sa che da soli si va veloci, ma insieme si va lontano. Nei sette anni di vita, hanno messo a frutto esperienze pregresse, anche quelle meno positive, per puntare in alto.
Il riferimento o l’ispirazione è di chiara lettura, sia per la scelta produttiva che per lo stile di cantina. Anche loro utilizzano la parte sotterranea, con lo stessa sistema di stoccaggio per le bottiglie. Per ovvi motivi di tempo, il massimo di riposo sui lieviti arriva a 48 mesi,
anche se qualcosa altro bolle in pentola. Le idee sono chiare e gli obiettivi pure. Leonardo e Antonio oltre alla passione, hanno dalla loro parte l’età e la conoscenza del mondo digitale, che gli consentirà di accelerare la crescita in modo esponenziale, senza nessun dubbio.
San Severo doc è stato un bel momento anche per chi come noi, riesce a ritrovarsi o incontrarsi difronte ad un calice, pur non frequentandoci assiduamente. Complimenti a tutti. Lunga vita al progetto.