L’occasione è stata la presentazione del libro di ricette di Alfonso Sarno, storico giornalista del Mattino, nello splendido scenario delle scuderie del Castello medievale della famiglia Morena, a Felitto.
Dopo il reading, della metavigliosa Nunzia Schiavone e l’introduzione di Luciano Pignataro, massima autorità giornalistica enogastronomica Italiana, agli ospiti è stata offerta una degustazione di prodotti locali. I due vini scelti, arrivamo da due piccole cantine di Aquara.
Un viaggio di pochi chilometri, sull’altra sponda del fiume Calore, ma che ha in sé un valore più profondo: la sinergia.
La sinergia, appunto delle due cantine, quelle di Tenuta Mainardi e della famiglia Marchione. Il giovane maestro e l’allievo. Il presente ed il futuro. Marco Serra, enologo, laureato nella prestigiosa facoltà di Alba, per primo ha cominciato ad imbottigliare i propri vini diversi anni fa. Di strada ne ha fatta tanta. Presente in tutti gli eventi di rilievo, da qualche settimana è diventato presidente di un piccolo “consorzio” (ancora non costituito) denominato: “le terre dell’aglianicone”. Un progetto nel quale ha creduto, da subito, tanto da riconvertire, oggi, la sua intera produzione, nel vitigno che più di tutti rappresenta l’autenticità e il legame con il territorio. Negli anni ‘70, l’apertura della cantina sociale di Castel San Lorenzo, indirizzó le produzioni verso la quantità, l’alta resa e molti produttori espiantarono le vecchie viti, a favore di barbera e merlot. Gli studi fatti in Piemonte, però, dicevano altro. Il mercato ha bisogno di uno story telling credibile, per “accettare” nuovi prodotti. Parte così la ricerca su vecchi ceppi, che non erano stati espiantati. Vede così la luce questo clone, parente dell’aglianico ma con caratteristiche particolari, che lo rendono decisamente singolare.
Dopo i primi impianti di prova ed il confronto con viticultori di altri territori, nei quali l’aglianicone non era scomparso, si è capito che poteva diventare qualcosa di importante, su cui lavorare.
Oggi presente in 10 comuni, tra Alburni, Valle del Calore e Mingardo, è la scommessa su cui in tanti hanno puntato. È necessario alimentare un racconto, quello delle proprie origini, autentico ed originale.
Discorso diverso per la famiglia Marchione.
Qui l’agricoltura è lo strumento di sostentamento da sempre. Nicola, nella terra ci è nato e non se ne è mai allontanato. Ha continuato la tradizione di famiglia, reinvestendo, anno per anno, in nuovi fondi e macchine agricole.
Oggi è proprietario di quasi 60 ettari di cui il 70% destinati all’Ulivo, il resto alla vigna. Ha macchine per il movimento terra, trattori, camion: tutto ciò che serve per se e per gli altri a cui presta opera. Il grosso della produzione è sempre stato conto terzi. Le sue uve contribuiscono, spesso sono indispensabili, alla produzione dei vini di altre cantine, che hanno più storia e grande presenza sui mercati.
Qualche anno fa, però, la svolta. L’incontro con Bruno de Conciliis è stato determinante. Arrivato ad Aquara, dove aveva acquisito 4 ettari, per portare avanti il suo ultimo progetto, Bruno si serve delle attrezzature e del lavoro di Nicola. La collaborazione diventa reciproca e così i Marchione, grazie alla consulenza, dell’emblema della viticoltura Cilentana, nel 2021 iniziano ad imbottigliare.
Intanto i figli sono cresciuti. Uno in particolare ha deciso di approfondire con gli studi il lavoro paterno. Tocca a lui adesso rappresentare e promuove il brand di famiglia.
La politica locale, vorrebbe fare qualcosa, ma non ha ancora le idee chiare su come. Sono anni che si fa riferimento alla superficie vitata del Paese, come la più estesa della provincia, pur non essendo questo un vanto, anzi. Ognuno, pur senza esperienza ne conoscenza vuole dire la sua. Nelle piccole comunità è sempre più difficile. Servono esempi virtuosi, per cominciare a fare proseliti.
Ci sono azioni, messe in campo da altri territori, che potrebbero dare stimolo e indirizzo alle iniziative da intraprendere. Ad esempio,
fare un censimento delle vigne (anche quelle abbandonate). Analizzare i terreni e definirli ampeleograficamente. Quantificare
la capacità di produzione .Organizzare brevi corsi di agronomia, per migliorare le condizioni di allevamento delle viti. Ottenere un riconoscimento come sottozona; proporsi come serbatorio di produzione di uve e di vino. Pianificare le produzioni in base alle necessità dei commercianti che acquistano in anticipo il raccolto (con prezzi agevolati). Concordare, con i grandi brand, le linee produttive.
E’ chiaro che questo è un lavoro sotto traccia, che non da visibilità, ma è propedeutico al cambio di passo.
Intanto, questa sera si replica!
Sarà la volta di un volto televisivo famoso (di La7), ma sopratutto di una delle penne più importanti dei quotidiani Nazionali, Antonello Caporale. Appuntamento alle 19.30, il luogo è lo stesso. E’ iniziata anche la sagra del Fusillo, per chi volesse approfittarne.
Non fatevelo raccontare